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(Q-4)   La costante di Planck: la radiazione dagli oggetti caldi

Il lettore potrà apprezzare quanto sia fondamentale la formula di Einstein

E = hν

    Essa fu scoperta nel 1905, lo stesso anno in cui Einstein pubblicò il suo famoso articolo sulla relatività -- e in realtà nel 1921 il Premio Nobel gli fu assegnato non per la relatività ma per questa formula. La cosa da notare è che la costante h, che compare qui e che è basilare per la teoria quantistica, era già nota nel 1905. Noi la chiamiamo costante di Planck perché fu Max Planck che per primo la propose nel 1900.

    Se l'energia si misura in joule e la frequenza in oscillazioni per secondo, le "dimensioni" di h -- il modo cioè con cui essa è connessa alle unità di misura delle quantità fisiche -- sono di joule moltiplicato secondi (la frequenza è 1/sec, "oscillazioni per secondo"). Si tratta di un numero estremamente piccolo

h = 6,626068 10–34 joule-sec

e questa piccolezza è legata al fatto che la "fisica classica", quella delle leggi di Newton e di Maxwell, vale piuttosto bene fintanto che il prodotto dell'energia per il tempo dà un risultato sensibilmente maggiore di h. È solo su scala atomica che le nuove leggi prendono il sopravvento.

    Il resto di questa sezione descrive le tappe della ricerca di Max Planck, ma non è essenziale alla comprensione delle altre sezioni.

    Planck non si interessava alle "righe spettrali" di lunghezza d'onda (e frequenza) nettamente definita, emesse dai singoli atomi in un gas caldo. Piuttosto egli voleva spiegare lo spettro continuo emesso dai corpi solidi caldi -- noto anche come "spettro di corpo nero", poiché si considera emesso da un oggetto caldo ideale ("corpo nero") la cui struttura non dà preferenza ad alcun colore (come avviene per un prato verde, per i "blue jeans" e per i mattoni rossi).

    Dall'esperienza quotidiana sappiamo che un oggetto solido riscaldato emette luce, e che, al crescere della temperatura, il colore dominante si sposta gradualmente verso la zona blu dello spettro. Una mano calda emette luce infrarossa -- invisibile all'occhio ma rivelabile dagli organi sensori di alcuni serpenti (come pure dai sensori di cui sono dotati i missili antiaerei a guida termica). Un fabbro che lavora su un ferro rovente lo porta a risplendere fino a un colore rosso cupo. Se poi i carboni su cui è posto sono ventilati e la temperatura cresce ulteriormente, il colore diventa arancione. Anche il filamento di una lampadina elettrica, alimentata da una batteria che si sta scaricando, emette luce arancione, mentre, se si adopera una batteria nuova, il filamento brilla di una luce bianco-gialla.

    E se si connettono due elettrodi di carbone a una potente batteria e li si portano a contatto (come fece la prima volta Humphry Davy), si produce un brillante plasma caldo (un "arco voltaico"), così caldo che la sua luce è ricca di radiazione blu e ultravioletta. Gli ultravioletti sono nocivi per l'occhio umano, per cui i saldatori che usano l'arco voltaico devono indossare maschere protettive di vetro scuro che assorbono gli ultravioletti e che attenuano anche la luminosità. Questi archi voltaici venivano anche usati nei primi proiettori cinematografici.

    (Incidentalmente, come un tubo fluorescente, il plasma dell'arco voltaico è un "avido conduttore" che necessita di una bobina nel suo circuito, per mantenerlo stabile. La luce emessa dal tubo è tuttavia generata da un gas caldo rarefatto ed ha una differente distribuzione).

    Tutto questo era stato già studiato sperimentalmente prima dell'epoca di Planck. La legge di Stefan-Boltzman, ricavata da osservazioni sperimentali, stabiliva che la quantità di energia irradiata da un corpo caldo aumentava rapidamente con la temperatura T, come T4, e Wien mostrò che la frequenza (cioè il colore) della zona più luminosa cresceva proporzionalmente alla temperatura (nella direzione che va dal rosso verso l'arancione e poi verso il giallo). Occorreva ora trovare una teoria che spiegasse il processo di emissione.

La "Radiazione di corpo nero"

Verso la fine del XIX secolo, vari sviluppi teorici sembravano offrire promettenti piste verso una tale spiegazione.

    Primo fra tutti, fu la teoria di Maxwell delle onde elettromagnetiche che guidò Heinrich Hertz verso una comprensione teorica e sperimentale di come tali onde potevano essere generate da una corrente rapidamente alternata. Un modo di generare queste correnti era quello di far vibrare avanti e indietro una carica elettrica.

    Secondo, si era compreso che tutta la materia conteneva componenti elettricamente carichi. Ciò era stato per la prima volta suggerito dall'elettrochimica -- celle e pile elettriche che generavano una corrente elettrica tramite una azione chimica, e l'effetto opposto, la separazione per opera di tali correnti dei composti chimici disciolti nell'acqua (o in sali fusi). Negli anni successivi, le scariche elettriche nei gas rarefatti isolarono finalmente tali componenti -- minuscole particelle negative note come elettroni e ioni positivi, le parti rimanenti di atomi o molecole che avevano perduto uno o più elettroni.

    E come terzo, si era alla fine compreso che il calore era dovuto più o meno al moto casuale di ioni e molecole, in termini di energia. In un gas ogni atomo o molecola conduce una esistenza individuale, sotto l'azione di collisioni elastiche che trasferiscono l'energia da una particella all'altra. Quando il gas è racchiuso in un contenitore, la pressione contro le pareti di queste particelle, in collisione tra loro, spiegava le leggi dei gas, e, quanto maggiore era la temperatura, tanto più rapido era il loro moto medio. Maxwell derivò anche la "distribuzione di Maxwell" delle energie attorno al valore medio.

    Il calore in un corpo solido era diverso: si riteneva che qui fosse l'intera struttura a vibrare, un po' come le vibrazioni di un cristallo di quarzo che regolano il funzionamento dei moderni orologi elettronici da polso. Le cariche elettriche degli atomi in un oggetto vibrano insieme ad essi, e ci si aspettava quindi che anch'esse irradiassero onde elettromagnetiche. Più era alta la temperatura, e più intensa doveva essere la vibrazione, e quindi più intensa doveva anche essere la radiazione -- e questo si osservava appunto nei "corpi neri" caldi.

    Ci si aspettava che esistessero molti modi di vibrazione, corrispondenti a molte frequenze, e questo pure era in accordo con lo spettro continuo delle frequenze (o delle lunghezze d'onda -- data una si può calcolare l'altra) emesse da un corpo caldo come il filamento di una lampadina. Tuttavia, la teoria andò in crisi quando cercò di calcolare come l'energia fosse distribuita su tutta quell'estensione spettrale, cioè sullo "spettro di corpo nero".

    La teoria della "meccanica statistica", riguardante il comportamento di molti atomi riscaldati, interagenti tra loro, era allora ben sviluppata e suggeriva che ogni modo di vibrazione avesse la stessa energia. Purtroppo, la teoria suggeriva anche che il numero dei modi disponibili era infinito, estendendosi senza limiti verso lunghezze d'onda sempre più piccole, cioè verso frequenze sempre più alte. Ma l'energia irradiata non poteva essere infinita! Da qualche parte, una delle ipotesi della teoria andava cambiata.

    Max Planck suggerì, come pura ipotesi, che esistesse una costante h tale che l'oscillazione di frequenza ν in un corpo solido potesse avvenire soltanto se era disponibile per tale vibrazione una quantità di energia. I numerosi modi corrispondenti a lunghezze d'onda molto corte (= modi di alte frequenze) avevano bisogno di molta più energia e diventavano sempre meno probabili, facendo sì che lo spettro emesso - che corrispondeva allo spettro delle vibrazioni - avesse un picco definito, e una quantità finita di energia. Era soltanto un'ipotesi, ma le conseguenze si accordavano con i risultati sperimentali in modo stupefacente.

    Fu attraverso la spiegazione di Planck dello spettro del corpo nero, un settore un po' accessorio della teoria del calore, che i fisici ricevettero la prima indicazione dei "quanti" di luce con energia . Solo in seguito ci si rese conto della possibilità di applicazioni molto più fondamentali, nella teoria di Einstein del 1905, relativa alla "emissione fotoelettrica", e alla spiegazione di Bohr (1913) della serie di Balmer nello spettro dell'idrogeno.

"Le impronte digitali di Dio"

La distribuzione spettrale della luce solare

    Ci si aspetta uno "spettro di corpo nero" anche nella luce emessa dai gas caldi densi, in cui esiste un intenso scambio energetico tra gli atomi che collidono frequentemente. Pertanto, anche se il Sole è un gas, la distribuzione spettrale della sua luce (la linea continua più in alto nella figura qui a destra) è molto simile a quella di un corpo nero alla temperatura di 5800 gradi assoluti (linea tratteggiata). Altre caratteristiche supplementari rappresentano l'assorbimento o l'emissione preferenziale da parte dell'atmosfera rarefatta, più esterna del Sole, rendendo la sua "nerezza" un po' imperfetta. Va anche notato che, nel tempo che la luce solare raggiunge il suolo terrestre, l'assorbimento preferenziale nelle varie regioni dell'infrarosso è molto pronunciato; è questo il famoso "effetto serra".

    Ma forse l'esempio più notevole di uno spettro di corpo nero è dato dalla radiazione emessa dopo il "Big Bang", con cui ha avuto inizio l'universo, quando tutta la materia era contenuta in una "palla di fuoco primordiale" estremamente densa e calda. Il comportamento della radiazione in un universo in espansione è un po' simile a quello di un gas il cui volume si espande. Nei condizionatori d'aria, il gas viene compresso nell'unità esterna alla casa (o alla stanza), quindi viene reintrodotto all'interno e fatto espandere, ed è questa espansione che lo raffredda sensibilmente (il gas raffreddato passa quindi in un radiatore, sul quale viene soffiata l'aria mediante una ventola).. Anche la radiazione emessa dopo il Big Bang si è "raffreddata", il che significa che la distribuzione dei suoi fotoni, all'inizio molto energetici, è oggi ridotta a uno spettro di corpo nero corrispondente a un oggetto alla temperatura di soli 3 gradi sopra lo zero assoluto, le cui lunghezze d'onda si trovano nella regione delle microonde. La densità di energia è oggi molto, molto più piccola di quando la radiazione fu emessa inizialmente, ma poiché il volume dell'universo che la contiene è diventato molto più grande, l'energia totale si è conservata.

    L' esistenza di questo "fondo primordiale di microonde" fu confermata per la prima volta nel 1965 da Arno Penzias e Robert Wilson dei Laboratori Bell nel New Jersey, e questo lavoro meritò loro il premio Nobel nel 1978. La distribuzione dell'energia di questo fondo primordiale di radiazione cosmica a microonde fu misurata nel 1990 dal COBE ("COsmic Background Explorer", Esploratore del Fondo Cosmico), una sonda della NASA, appositamente progettata. Il rivelatore di microonde del COBE era schermato e raffreddato mediante l'elio liquido -- precauzione necessaria poiché ogni cosa a bordo della sonda che avesse una temperatura superiore di 3 gradi sopra lo zero assoluto avrebbe emesso troppe radiazioni a microonde che avrebbero interferito con le misure.

Lo spettro della radiazione cosmica a microonde

    La sonda COBE stabilì che lo spettro della radiazione si accordava con lo spettro di un corpo nero a una temperatura di 2,73 gradi sopra lo zero assoluto. Quando i risultati furono resi noti per la prima volta (ved. figura qui sopra), i presenti furono sbalorditi nell'osservare come i risultati sperimentali (quadratini) si accordassero con lo spettro di corpo nero (curva), e chiamarono il grafico "le impronte digitali di Dio". Fu questa la più importante prova a favore della teoria del Big Bang sull'origine dell'universo.

    A Max Planck fu assegnato nel 1918 il Premio Nobel per la sua scoperta, ma nelle sue vicende personali ebbe molto a soffrire: sua moglie morì nel 1906, un figlio fu disperso durante la prima guerra mondiale, mentre un altro fu giustiziato dai Nazisti per aver partecipato a un complotto per assassinare Hitler. Planck rimase in Germania durante tutta la seconda guerra mondiale. Dopo la guerra, nel 1948, quando la società scientifica tedesca fu ricostituita -- era stata fondata inizialmente nel 1911 portando il nome del Kaiser Guglielmo II -- fu ribattezzata con il nome di "Società Max Planck per l'Avanzamento delle Scienze", e tutt'ora mantiene molti "Istituti Max Planck" in diversi campi scientifici.