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(22b) La Teoria della Relatività

    La relatività esula dallo scopo di questa trattazione, tuttavia merita almeno qualche cenno.

    Per le leggi di Newton, in due sistemi di riferimento che si muovano di moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, il comportamento fisico osservato è esattamente lo stesso. Non vi è alcun modo per distinguere quale dei due si stia muovendo e quale sia fermo: non esiste un "sistema di riferimento assoluto che sia in quiete" e non esiste una "velocità (costante) assoluta". Tutto è relativo, e possiamo scegliere o l'uno o l'altro dei due sistemi di riferimento per le nostre misure.

    Nel XIX secolo furono scoperte le leggi dell'elettricità e del magnetismo, e queste leggi suggerirono che anche la luce fosse un fenomeno dello stesso tipo, cioè un'onda elettromagnetica (come è discusso più avanti nelle sezioni riguardanti il Sole). Ma per qualche tempo sembrò che, per qualche sottile effetto, le forze elettromagnetiche fossero in grado di distinguere se un sistema di riferimento fosse in moto oppure no. Questi effetti erano difficili da verificare, e quando finalmente si riuscirono ad effettuare degli esperimenti, questi non funzionarono, cioè non furono in grado di dire quale sistema fosse in moto.

    Albert Einstein propose quindi nel 1905 il "principio di relatività" come una proprietà fondamentale dell'universo. Qualunque sia il processo fisico usato, un moto assoluto a velocità costante non è rivelabile. Non esiste alcuna scappatoia, neppure mediante le leggi dell'elettromagnetismo.

    Il guaio era che, modificando quelle leggi (per eliminare l'apparente contraddizione), si sarebbe mandata all'aria la teoria elettromagnetica della luce, per la quale esisteva una solida base sperimentale -- per esempio, le onde radio. Einstein quindi affermò che quelle leggi erano corrette e invece erano le leggi di Newon che andavano modificate, anche se mediante queste leggi si era già assodato che un moto assoluto non era rivelabile. Inoltre, gli intervalli di tempo, misurati in diversi sistemi di riferimento in moto l'uno rispetto all'altro, non andavano sempre d'accordo -- anche il tempo diventava "relativo".

    Le modifiche suggerite da Einstein diventavano significative soltanto a velocità prossime a quella della luce, e nei fenomeni di tutti i giorni potevano essere ignorate. Quando ci si avvicinava invece alla velocità della luce, l'inerzia (cioè la massa) aumentava, rendendo sempre più difficile accelerare un oggetto, e quella velocità era un limite assoluto, che nessun oggetto materiale poteva superare.

   Tutte queste previsioni sono state ampiamente confermate dagli esperimenti, e in particolare gli acceleratori di particelle non hanno lasciato alcun dubbio che le particelle aumentano la loro massa quando si avvicinano alla velocità della luce, e che tale velocità è effettivamente un limite superiore che non può essere superato. La relatività del tempo fu dimostrata quando si è trovato che i muoni -- particelle con una vita media di circa 2 microsecondi -- generati da nuclei atomici veloci ("raggi cosmici") nell'alta atmosfera, sopravvivevano molto più a lungo e in genere raggiungevano la superficie terrestre, poiché, nel sistema di riferimento della Terra, la loro vita media sembrava più lunga.


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Autore e Curatore:   Dr. David P. Stern
     Ci si può rivolgere al Dr. Stern per posta elettronica (in inglese, per favore!):   stargaze("chiocciola")phy6.org

Traduzione in lingua italiana di Giuliano Pinto

Aggiornato al 10 Dicembre 2005